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La prima scarpa da running "spazzatura"

adidas UltraBoost Parley
adidas UltraBoost Parley

Adidas ha prodotto la prima scarpa da corsa fatta di rifiuti riciclati. La tecnologia della suola è la "Boost"

10 novembre 2016

Ok non saranno bellissime, sembrano un paio di pantofole della nonna, ma ciò che rende speciali queste scarpe non è la forma bensì la sostanza! Questo è uno di quei casi in cui dire “questa scarpa è spazzatura” non è denigrare il prodotto ma è anzi renderlo più virtuoso.
Circa un anno fa Adidas strinse un protocollo d’intesa, una collaborazione, con l’associazione ambientalista Parley, che si occupa di salvaguardare e tener puliti gli oceani. Da questa partnership è nata la prima scarpa realizzata quasi interamente con materiali riciclati recuperati negli oceani. Al momento ne esistono solo 7 mila modelli, ma entro il 2017 saranno immesse sul mercato americano prima ed europeo poi, più di un milione di paia. Le scarpe, che si chiamano “UltraBoost Uncaged Parley”, sono composte nella parte superiore da un 5% di poliestere riciclato e dal restante 95% da rifiuti di plastica raccolti da Parley nelle vicinanze delle Maldive. La suola invece è costituita dalla “schiuma” caratteristica della tecnologia “boost”.

Ogni paio di scarpe contiene complessivamente undici bottiglie di plastica, anche la fodera ed i lacci sono stati realizzati con materiali di riciclo. Sarà possibile acquistare le UltraBoost Parley a partire dalla metà di novembre, nei punti vendita Adidas e attraverso la piattaforma e-commerce del sito, al prezzo (non proprio modico) di 200 euro. Lo scopo delle due realtà consociate è ambivalente: da un lato la pulizia degli oceani al fine di ripristinare l’equilibrio ambientale; dall’altro informare ed educare l’opinione pubblica alla tematica dell’inquinamento di mari ed oceani. Il portavoce di Adidas Eric Liedtke ha dichiarato: “Ciò a cui miriamo è l’eliminazione della plastica vergine dal nostro processo di produzione e distribuzione”. Cyrill Gutshc, fondatore di “Parley for the Oceans” ha concluso dicendo: “Nessuno può salvare gli oceani da solo, ma tutti insieme possiamo avere un ruolo importante nella soluzione finale. Sta alle industrie creative reinventare i materiali, i prodotti ed anche i modelli di business. Il consumatore, invece, può aumentare la domanda e portare al cambiamento”.

Noi ci sentiamo di condividere a pieno l’intento del progetto, auspicando venga esteso anche agli altri grandi produttori di scarpe da running. Chissà, magari un giorno ci ritroveremo tutti insieme a correre una maratona, con ai piedi una scarpa fatta di bottigliette di plastica, barattoli di yogurt o sacchetti della spesa. 

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