Menu

Alessandro: la mia Marathon des Sables

Alessandro: la mia Marathon des Sables

La Marathon des Sables ("Maratona delle Sabbie") è una corsa sulla distanza di circa 240 km che si svolge interamente nel Sahara marocchino.

La manifestazione dura una settimana, con sei frazioni e un giorno di riposo. I partecipanti percorrono la lunghezza della "maratona" in completa autosufficienza alimentare; lungo il percorso c'è un ristoro ogni 10 km dove i partecipanti possono ritirare la razione personale di acqua giornaliera (nove litri).

E' la gara che ha consacrato alla leggenda Marco Olmo, per intenderci. Ma quella che vi vogliamo raccontare oggi è la storia di una persona comune, che 6 mesi fa decide di iniziare una lunga ed estenuante preparazione fatta di sacrificio per essere ai nastri di partenza di quella leggendaria manifestazione a 50 gradi tra le dune del deserto del Sahara. E' il racconto dell'affezionato seguace di Corritalia Alessandro Carsetti che gentilmente ha accettato di raccontarci la sua Marathon des Sables. Buona lettura...

Alessandro, da quanti anni corri?

Corro da quando avevo 15 anni (ora ne ho 33) correvo spesso nei parchi, ma come allenamento in quanto praticavo arti marziali, ora sono quasi 2 anni che corro a livello agonistico. Quindi corro da 18 anni.

Come ti sei avvicinato a questo sport?

La mia ragazza ogni tanto mi parlava di un suo amico che faceva diverse gare podistiche, poi un giorno ho visto passare gli atleti della maratona di Roma dal negozio dove lavoro insieme al mio amico, Arnaud de Montalembert che l’aveva già fatta 2 volte in passato, e mi disse: “La vogliamo fare il prossimo anno? Abbiamo un anno per prepararci” da quel giorno ho iniziato ad allenarmi e partecipare a varie competizioni spesso insieme a lui, e proprio insieme a lui ho partecipato alla Marathon des Sables.

Quante maratone hai concluso nella tua vita?

4, Maratona di Roma, Ecomaratona del Chianti, Maratona di Firenze e la Brunello Crossing

E’ stata la prima esperienza di gara del genere? Se no, quale altra hai fatto?

Si una gara così lunga e difficile non l’avevo mai fatta, si può considerare un Ultra trail

Cosa ti ha spinto a cimentarti in una gara così? (avevi un motivo/obiettivo preciso, un sogno, una battaglia/rivincita personale,…..)

Da sempre mi piace misurare le mie capacità e sfidare i miei limiti, in passato contro qualcun altro praticando le arti marziali a livello agonistico per circa 12 anni, poi ho capito che in realtà io sfido me stesso ed ho bisogno di capire il mio valore.

Perché proprio la Marathon des Sables?

Quando ho visto per la prima volta i video di questa gara ho pensato: “Questi sono tutti matti! Correre nel deserto, sotto il sole tutte quelle ore, sai che caldo!”. Poi ripensandoci, non era male come idea, il deserto non lo avevo mai visto, non avevo mai fatto un campeggio, un’esperienza così mi mancava, allora decisi di iscrivermi.

Sei andato da solo? Ti sei allenato da solo o hai avuto un compagno di “viaggio”?

Abbiamo deciso di farla insieme io e Arnaud, diversi allenamenti li abbiamo fatti insieme, e tramite il responsabile d’Italia della MDS Paolo Zubani abbiamo conosciuto altri due atleti che partecipavano quest’anno ed erano di Roma, Cristian Zanetti e Giuliano Saudelli. Per nostra grande fortuna loro l’avevano già fatta due volte e ci hanno dato moltissimi consigli! Alcuni allenamenti siamo riusciti ad organizzarli tutti e quattro insieme.

Quando è iniziata la preparazione?

Era ottobre del 2016, 6 mesi buoni di preparazione

Gli allenamenti sono stati duri? Quale il peggiore?

Abbastanza impegnativi, facevo di media 80 – 90 km più 2 sedute in palestra a settimana, per potenziare la schiena. Gli ultimi mesi prima della gara mi allenavo con lo zaino per abituarmi a correre portando questi 7 – 8 kg addosso, e una volta a settimana facevo 30 km sulla sabbia con lo zaino, il peggiore è stato un allenamento in cui feci 40 km con lo zaino nel parco di pomeriggio, avevo finito alle 9 di sera

Ti è capitato (nella fase di allenamento) di pensare: basta, non ce la faccio, rinuncio?

Durante l’allenamento no, mai, ma quando ero li, si molte volte

Hai avuto imprevisti durante la preparazione (infortuni o altro)?

No, per fortuna.

Come ti sentivi la mattina della gara: emozionato, preoccupato, carico….?

Quella mattina mi sentivo carico! Non vedevo l’ora di partire, dopo aver visto innumerevoli video, rendersi conto che finalmente ci sei dentro e stai per partire è davvero emozionante.

Cosa significa correre nel deserto? E come ti sei preparato a questo?

Correre nel deserto è lasciarsi dietro tutto, essere in un posto caldo e ostile ma che ti regala visioni e paesaggi incredibili, lo vivi giorno e notte con stupore. Prepararsi a quel tipo di clima per noi Italiani non è facile, soprattutto d’inverno. Tutte le domeniche correvo sulla spiaggia di mattina cercando di espormi al sole nelle ore più calde, ma quando ero li facevano più di 50 gradi era un caldo secco che ogni 300 metri ti faceva seccare la bocca, bisognava bere molto frequentemente.

Come si gestisce una gara così lunga? Quale è stata la tua tattica?

Ho affrontato questa gara con molta prudenza, sui terreni sabbiosi e sulle dune camminavo, per preservare le forze, quando il terreno era più roccioso e duro potevo permettermi di correre, ma se correvo consumavo più acqua, quindi dovevo regolarmi in base a quanti chilometri mancavano al prossimo Checkpoint. Quando si presentavano “Jebel” (montagne del deserto) ovviamente camminavo, anzi diciamo che mi riposavo, fin da piccolo ho sempre fatto escursioni in montagna sui nostri Appennini, quindi li mi trovavo bene.

Cosa passa per la testa durante tutte quelle ore?

In quelle ore ho avuto molto tempo per pensare, oltre ad essere attento a dove mettevo i piedi e a gestire l’acqua, mi sono tornati ricordi inaspettati. Ricordi con la mia ragazza, i miei amici, la mia famiglia e spesso ripensavo alle comodità e alle cose buone che mangi a casa. Dopo ogni tappa non c’era il bagno e la doccia, la cucina e il letto, c’era lo zaino la tenda e i miei compagni di tenda, e per mangiare bisognava prima fare il fuoco e cucinare, per dormire c’era il sacco a pelo. E devo dire che questo stile di vita essenziale, mi ha fatto capire che noi nella nostra vita comune siamo pieni di cose inutili e non ne abbiamo bisogno, però mi ha fatto anche apprezzare di più le comodità che abbiamo.

Hai mai pensato di fermarti?

Sempre ho pensato di fermarmi, dal primo giorno. Ho sofferto molto per il caldo, mi ha levato le forze, non ero abituato a correre con quel tipo di clima. Molto spesso sentivo la fatica allora pensavo di ritirarmi, ma poi usciva la parte forte di me stesso che mi faceva andare avanti, e ho capito che finita quella tappa, il giorno dopo, cambiava completamente il modo di pensare del giorno prima e trovavo la forza di continuare.

Quale è stato il tuo risultato finale?

Sono arrivato 621 su circa 1150 atleti partecipanti, potevo sicuramente fare di meglio ma sono stato molto prudente

Come è stato arrivare? E come stavi?

Sono arrivato correndo di scatto per la gioia, non sembrava vero, tutti quei chilometri li avevo finiti e non ce ne erano più. L’organizzatore Patrick Bauer mi ha messo al collo la medaglia e mi ha abbracciato, ho sorseggiato l’ultimo tè alla menta e ad aspettarmi c’era il mio amico Arnaud che era arrivato prima di me, e siamo andati insieme in tenda a festeggiare con gli altri

Qual è stato il momento più bello, quello più difficile e quello più strano?

Il momento più bello è stato scendere dal Jebel “El Otfal” il più alto, si scende scivolando sulla sabbia per una discesa lunghissima e anche ripida, sembrava quasi di sciare! Il momento più difficile penso che sia stato durante gli ultimi 6 chilometri della terza tappa: erano le 2 del pomeriggio e il sole picchiava, faceva caldissimo, più di 50 gradi, e davanti a me vedevo una pianura di sabbia infinita, con una fila di persone infinita, l’acqua era poca, e mi ero un po’ preoccupato. Il momento più strano è stato sicuramente correre di notte, ero quasi alla fine della tappa di 86 chilometri, avevo messo la luce legata alla testa e anche la luna illuminava il deserto, i piccoli animali con il fresco della sera erano tutti usciti e le rocce e gli alberi con quella luce assumevano forme strane, che a vederle con quella stanchezza che avevo sembravano un po’ forme mostruose.

Hai qualche aneddoto particolare da raccontarci?

Sì, ero quasi alla fine dell’ultima tappa, di 42 chilometri, vedevo molti atleti sfiniti che anche un po’ barcollando continuavano a camminare, mi supera un atleta danese e subito dopo lo vedo prendere una strada a sinistra segnata dalle ruote di una jeep, sembrava lucido aveva un andatura veloce, inizialmente pensai che voleva fermarsi ma poi vedendo che si allontanava sempre di più dal percorso capii che aveva sbagliato strada, a quel punto l’ho chiamato da lontano indicandogli la direzione giusta e ringraziandomi è tornato indietro ed è tornato sul percorso segnato. Un attimo di distrazione può essere fatale nel deserto.

Sarà stata l’unica (ultima) o la prima di una serie?

Adesso non lo so, la preparazione per questa gara mi ha tolto tantissimo tempo, forse in futuro la rifarò, per ora voglio un po’ riposarmi e fare gare divertenti e non troppo impegnative.

Hai in mente altre sfide simili?

Sì, una gara a cui ogni tanto penso è la Ultra Trail Mont Blanc.

Allora in bocca al lupo, GRAZIE ALESSANDRO!

Altro in questa categoria: « "Forrest Gump" esiste e vive in Florida

Accedi

Password dimenticata? / Nome utente dimenticato?