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Se il secondo scrive una lettera al primo

Se il secondo scrive una lettera al primo

Francesco Puppi ha scritto una lettera a Petro Mamu dopo la lotta per il Mondiale di Corsa in Montagna e le sue parole sono disarmanti

In questi ultimi tempi, e più in generale durante il nostro quasi primo anno di vita, vi abbiamo raccontato molto spesso storie di successo e di successi, storie di vittorie personali, di rivincite, di quella solidarietà sportiva che il runner ben conosce (non tutti, ahinoi) cercando di incentrare la nostra narrazione su un filone positivo. Di contro, però, ci siamo trovati a fare anche i conti con la realtà dei fatti e, come in qualsiasi situazione della vita, a raccontare spesso di storie poco nobili, che poco hanno a che vedere con le parole umiltà, solidarietà, sportività (o forse dovremmo dire con la parola "sport"). E lo abbiamo fatto sempre non nascondendo il nostro punto di vista, la nostra opinione al riguardo, anche quando esposta a critiche. 

Ma non vogliamo mollare il nostro impulso originario. Così, quando ci troviamo di fronte a qualcosa di inusualmente bello e che trasmette i valori più profondi di questo sport, non possiamo non raccontarla. La facciamo breve, perchè importanti non sono le nostre parole ma quelle che seguiranno. Cosa è successo? E' successo che domenica scorsa si sono svolti i Campionati mondiali di Corsa in Montagna (lunghe distanze) a Premana in cui l'Italia ha vinto l'oro a squadre sia al maschile che al femminile. A livello individuale il nostro Francesco Puppi ha conquistato un bellissimo argento dietro al Re indiscusso Petro Mamu, in una gara risoltasi solo nel finale. 

Due giorni dopo, a mente fredda, Francesco decide di scrivere una "lettera" (tramite il suo profilo Facebook) proprio al vincitore. Non aggiungeremo altri commenti alla fine, le poche righe che seguono parlano da sole: "Nei tuoi piccoli passi, nella timida voce e nei rari sorrisi, nei tuoi polpacci sottili ma di acciaio…abbiamo corso fianco a fianco per oltre due ore di gara, Petro, abbiamo duellato fino alla fine, ci siamo conosciuti per davvero nell’intensità del gesto atletico e mi hai ringraziato a tuo modo, senza neanche bisogno di parole, come queste che io ho provato a far uscire ma che probabilmente mai leggerai. In fondo era il tuo mondiale, Petro, e quando mi hai inesorabilmente passato, in discesa, ho pensato ora vai, piccolo folletto Eritreo, non posso più tenerti, vai, incontro al tuo destino iridato, a braccia alzate, perché così é giusto e così forse era scritto.. Grazie”

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