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Storie di Corsa: Marta e i suoi 400 km in 100 ore. Nel deserto del Gobi

Marta Poretti
Marta Poretti

La corsa da record di Marta Poretti all’ultra maratona d’Asia: «Sì, ci sono andata per vincere»

400 km, il deserto del Gobi, nessuna traccia segnata, pochi giorni per arrivare da un punto A ad un punto B. Quanto tempo impieghereste? Lei, Marta Poretti 40 anni di Busto Arsizio, ci ha messo circa 100 ore, dormendo per un totale di 6 ore. E' la realtà della Ultra Gobi, dove di giorno si bolle e di notte si rischia il congelamento. Questa è la storia di Marta, vincitrice dell'Ultra Gobi 2017 con tanto di nuovo record

Si tratta di una delle Ultra più dure al mondo, ma Marta sa come si fa, visto che vanta una vittoria alla Boavista Ultramarathon e ottime partecipazioni al Tor des Geants, e alla Manaslu Trail Race, per citarne alcune. E l'idea le viene proprio lo scorso anno, in occasione della sua partecipazione alla Manaslu, massacrante ultra tra le montagne del Nepal, dove conosce uno degli organizzatori che la invita. Ci pensa, e invia il suo curriculum sportivo che le permette di partecipare come atleta elite. Ma Marta non si accontenta di partecipare: lo tiene per sè, ma in cuor suo l'obiettivo è la vittoria. Come racconta nell'intervista al "La Provincia di Varese": "non l’ho mai detto per scaramanzia. Io sono andata al Gobi per vincere, quindi sono molto felice e orgogliosa di esserci riuscita stabilendo pure il nuovo record femminile: 100 ore e 12 minuti, stiamo parlando di otto ore in meno rispetto al vecchio record". 

E' lei stessa che ci aiuta a capire meglio cos'è l'Ultra Gobi: "Consiste in un percorso di 400 km da percorrere in meno di 150 ore e in autonomia alimentare. [..] Non ti danno da mangiare, ma soltanto dell’acqua e solo nei checkpoints situati ogni 10 km sul percorso. Ci sono poi delle Rest Stations ogni 50 km dove puoi dormire e prendere il cibo che ti eri preparato; infatti il giorno prima della partenza ti vengono consegnate delle scatole da riempire con quello che vuoi mangiare e poi queste scatole vengono distribuite nelle varie stazioni. Devi gestire il cibo".

Vi state chiedendo se almeno ci siano "segnali" sul percorso? Ecco: "No, nessuno. Ti devi affidare al gps e portarti le pile di scorta perché se si dovesse scaricare ti perdi. È una delle tante difficoltà dell’Ultra Gobi".

E poi altre difficoltà: "Innanzitutto la temperatura, alta di giorno e molto bassa di notte. Bisogna prestare attenzione ai diversi tipi di terreno visto che passi dalla sabbia ai sassi, dai canyon alle montagne a quasi 3300 metri di altitudine. Poi ci sono la solitudine, che ho combattuto registrando alcuni video con la GoPro e concentrandomi sui dettagli del panorama, e il problema delle fiacche; in ogni Rest Stations ci sono medici, mi sono sempre fatta controllare perché se vengono devi fermarti". 

In apertura abbiamo accennato alle ore di sonno che conferma essere state circa sei in quattro giorni perché, come lei stessa dice, se vuoi vincere si dorme pochissimo!

Determinazione, tenacia, sacrifici e tanto, tanto allenamento. In una delle ultime domande dell'intervista di Emanuele Barbati, risponde così su questo aspetto: "Vivo da sola e non ho una famiglia, quindi questo mi porta a essere più libera. Ovviamente la mia vita sociale risente di quella sportiva; infatti i genitori o gli amici li vedo poco, ma non sono una persona che sacrifica qualsiasi cosa per lo sport. Se facessi così dove sarebbero il divertimento di praticarlo e il bello della vita?"

E che programma di allenamento segue..: "Flessibile e non impossibile. Tiene conto del fatto che ho un lavoro – responsabile finanziaria in un’azienda del settore aereonautico – e delle mie volontà visto che me lo sono preparato da sola. Per la parte tecnica ho invece un allenatore di Varese che si chiama Matthew Ramaglia. Cosa faccio? Ascensioni in quota, trekking, bici, nuoto, yoga e pilates".

Progetti futuri? Ora dice di volersi riposare...prima di pensare alla prossima grande avventura!

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