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"Scalzo a -50 gradi per 17 ore": lʼodissea del runner sardo alla Yucon Artic Ultra

"Scalzo a -50 gradi per 17 ore": lʼodissea del runner sardo alla Yucon Artic Ultra

Roberto Zanda è rientrato in Italia dopo la disavventura alla gara estrema in Canada. Rischia amputazioni

20 febbraio 2018

E' conosciuto come l'extreme runner che sfida la morte: imprese su imprese al limite della sopravvivenza hanno decretato ciò, ma stavolta l'ironman sardo Roberto Zanda è arrivato vicinissimo a perdere la sua partita con la vita. "Sono rimasto scalzo e senza guanti, nella neve, a -50 gradi, per 17 ore, solo, nella foresta", ha raccontato l'atleta di Cagliari, dal letto dell'ospedale di Aosta, dove si trova ricoverato dal suo rientro in Italia. Zanda ha rischiato di morire al confine con l'Alaska, partecipando allo Yukon Artic Ultra, l'ultramaratona in solitaria di 400 chilometri in Canada. "Mi sono attaccato agli affetti e alla fede", ha aggiunto, mentre i sanitari valutano il da farsi per il congelamento di quarto grado di mani e piedi.

Della massacrante gara Zanda aveva già corso oltre 300 chilometri, collocandosi in seconda posizione. Poi, all'improvviso, "sono arrivato al punto che non vedevo più il segnale, forse ero un po' annebbiato dalla stanchezza". Da quel momento inizia un incubo, amplificato dalla morsa del gelo. Fino all'arrivo dei soccorsi e al trasporto al General Hospital di Whitehorse, nella regione canadese dello Yukon, non lontano dai confini con l'Alaska. Da qui è partita la telefonata all'ambulatorio di Medicina e neurologia di montagna di Aosta per un consulto in telemedicina. Poi la decisione di trasferire il paziente in Italia con un volo sanitario. 

"Purtroppo dopo 300 chilometri è accaduto questo fatto, segnaletica o no, allucinazioni o no, ipotermia o no, spot o no spot, capanno o no. Morale: sono vivo e vegeto e spero di trovare due bei piedi che mi permettano di continuare a fare questa bella vita fatta di sport e resilienza", ha detto Zanda.

"Stiamo ipotizzando di sottoporlo ad un trattamento cellulare che consente un autotrapianto di cellule dal midollo osseo direttamente nella zona colpita dal grave quadro ischemico e necrotico", spiega Flavio Peinetti, primario del reparto di chirurgia vascolare. Ad Aosta opera una task force multidisciplinare specializzata nei più complicati casi di incidenti in montagna. "Questo è il caso più grave che abbiamo avuto, un caso veramente grave che andrà valutato con attenzione", ammette il neurologo Guido Giardini, direttore dell'ambulatorio.

(fonte: ANSA/tgcom24)

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